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L’illuminazione di emergenza: un presidio fondamentale per la sicurezza.

Nei luoghi soggetti ad affollamento e in tutti i luoghi di lavoro, la presenza di un impianto d’illuminazione di sicurezza rappresenta un presidio fondamentale per garantire l’incolumità delle persone. Infatti, nel caso si verifichi un evento critico (incendio, blackout, terremoto, ecc), l’alimentazione elettrica ordinaria può essere non più operativa, sia perché danneggiata direttamente dall’evento, che perché opportunamente disattivata automaticamente o da addetti al soccorso. In tale circostanza è serio pericolo per la sicurezza delle persone che, al buio improvviso, non possono trovare vie di esodo o individuare la presenza di un pericolo. Va da sé, quindi, che si rende indispensabile, oltre che obbligatorio per legge, integrare il sistema di illuminazione ordinario con uno di illuminazione di sicurezza, costituito dall’ insieme di illuminazione di riserva e da quella di emergenza. Breve panorama normativo: alcune norme italiane ed europee. La progettazione degli impianti per illuminazione di emergenza è regolamentata da prescrizioni legislative, periodicamente aggiornate e pubblicate su richiesta degli enti preposti alla gestione delle direttive e delle norme tecniche internazionali. A livello nazionale invece vigono leggi, decreti e norme tecniche che recepiscono direttive europee o internazionali. Compito del progettista è di assicurare la rispondenza del progetto a queste norme. Ricordiamo ad esempio le prescrizioni del celeberrimo DL 9 aprile 2008, n.81 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”, che costituisce il riferimento generale per i controlli di conformità̀ degli impianti nei luoghi di lavoro effettuati attraverso l’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro). Esistono poi le norme tecniche del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), di specifico interesse per tecnici e per progettisti, che dedicano all’emergenza varie sezioni. Citiamo anche le norme UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), a cui è assegnato il compito di elaborare norme in materia illuminotecnica, a prescindere dall’impiantistica elettrica di alimentazione, di gestione e di controllo. Documento particolarmente importante a livello europeo riguardante l’illuminazione d’emergenza è la Norma UNI EN 1838 2013, che introduce requisiti e vincoli che riguardano l’esecuzione e le prestazioni dei sistemi per l’illuminazione d’emergenza. Fra le normative Europee e Internazionali più recenti e pertinenti, ricordiamo infine la EN 50172 / IEC 50172 (ISO 30061), che specifica i requisiti per i sistemi di illuminazione di emergenza negli edifici; la IEC 60598-2-22, che definisce i requisiti per le apparecchiature di illuminazione utilizzate in impianti di illuminazione di emergenza e la EN 62034, che fornisce linee guida per i sistemi di prova automatici per assicurare che l’illuminazione di emergenza sia funzionale e pronta all’uso in caso di emergenza.   Illuminazione di emergenza, illuminazione di sicurezza e illuminazione di riserva: quale differenza? L’illuminazione di sicurezza è, insieme con l’illuminazione di riserva, parte della cosiddetta “illuminazione di emergenza”. Nell’ambito dell’illuminazione di emergenza, l’illuminazione di sicurezza è destinata ad evidenziare le vie di fuga da un edificio oppure da un’area in situazioni di pericolo, segnalare i mezzi di evacuazione e garantire che possano essere sempre utilizzati in sicurezza. L’illuminazione di riserva è invece deputata a consentire la continuità dell’attività. Perciò l’illuminazione di sicurezza si prefigge la tutela della salute delle persone durante l’evacuazione di un locale e ad assicurare l’incolumità, oltre che ad agevolare il lavoro, di chi è impegnato al soccorso. Nell’ambito dell’illuminazione di sicurezza si può allora distinguere tra: illuminazione di sicurezza per l’esodo: parte dell’illuminazione di sicurezza destinata ad assicurare che, in caso di emergenza, sia le vie di esodo, che siano i presidi antincendio siano chiaramente riconoscibili e utilizzabili. In tal senso la norma UNI EN 1838 fa riferimento anche alla illuminazione della cartellonistica di sicurezza; illuminazione antipanico: parte dell’illuminazione di sicurezza destinata ad evitare il panico ed a fornire l’illuminazione necessaria affinché gli occupanti raggiungano un luogo o una via di esodo. Tale illuminazione è particolarmente utile in locali aperti al pubblico, ospedali, RSA, teatri e cinema, impianti sportivi al chiuso, ecc.; illuminazione di aree ad alto rischio: parte dell’illuminazione di sicurezza deputata a garantire l’incolumità delle persone impiegate in processi di lavorazione potenzialmente pericolose o con macchinari in movimento e a consentire la messa in atto di idonee procedure di arresto. Si intende quindi chiaramente che l’illuminazione di sicurezza è un aspetto fondamentale della prevenzione incendi. Quali sono le caratteristiche generali della progettazione e della realizzazione dell’illuminazione di sicurezza? Nella progettazione e nella realizzazione dell’impianto di illuminazione di sicurezza devono essere tenute presenti le seguenti caratteristiche tecniche: il tempo di intervento dell’alimentazione di riserva; l’autonomia; il livello di illuminamento minimo; il tempo di ricarica degli accumulatori. Inoltre, ogni attività deve avere caratteristiche dell’illuminazione di sicurezza differenti. Ad esempio, diverso sarà il livello di illuminamento in termini di lux in un hotel, in un ospedale, in una scuola o in un’azienda. Così come diversi saranno il tempo di autonomia minima, di interruzione e di ricarica. Tra i criteri pratici da seguire nella realizzazione dell’impianto e nel posizionamento degli apparecchi di illuminazione si possono fornire i seguenti suggerimenti: curare in modo particolare l’illuminazione dei cosiddetti punti critici dei percorsi di esodo (rampe di scale, intersezione di corridoi, uscite, dislivelli, ostacoli, ecc.); studiare opportunamente l’altezza di installazione degli apparecchi, di norma ad almeno 2 metri dal piano di calpestio, preferendo l’installazione a parete anziché a soffitto in quanto i fumi prodotti dall’incendio, stratificando verso l’alto, offuscherebbero rapidamente le lampade a soffitto; prevedere un numero sovrabbondante di apparecchi in quanto il fumo tende ad attenuare la radiazione luminosa; privilegiare più apparecchi di illuminazione piccoli, piuttosto che pochi di maggiore potenza, per rendere l’illuminazione più omogenea e ridondante (in caso di guasto di un apparecchio si avrà una minore diminuzione dell’illuminamento complessivo). Naturalmente, affinché gli impianti di illuminazione di sicurezza siano sempre in perfetta efficienza, è necessario che siano sottoposti ad interventi di manutenzione e a verifiche periodiche, a cura del titolare dell’attività o del datore di lavoro, secondo le indicazioni dettate dalla normativa tecnica vigente. Vuoi saperne di più o hai bisogno di progettare o realizzare un impianto di illuminazione di emergenza?     Contattaci!

Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione: competenze e formazione di Sime per l’installazione nei luoghi ATEX.

Nel corso degli anni Sime si è specializzata nell’installazione e manutenzione degli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione. Ma come vengono identificati questi luoghi e come si interviene? Cos’è l’Atex? “ATEX” è l’acronimo di “ATmosphere EXplosive”, ovvero atmosfera esplosiva. Questo tipo di atmosfera è infatti costituita da una miscela di sostanze infiammabili allo stato di gas, polveri, vapori o nebbie nella quale, in determinate condizioni atmosferiche, con la presenza di un innesco e di ossigeno, si può generare la combustione della predetta miscela infiammabile. Affinché si formi un’atmosfera potenzialmente esplosiva, la sostanza infiammabile o il combustibile deve essere presente in una determinata concentrazione: se la concentrazione è troppo bassa o troppo alta si ha poca tendenza all’esplosione (ma si può produrre comunque una reazione di combustione). L’esplosione può avvenire pertanto solo in presenza di un innesco e quando la concentrazione è all’interno del campo di esplodibilità. Tali limiti dipendono dalla pressione dell’ambiente e dalla percentuale di comburente presente in atmosfera. L’innesco può essere generato ad esempio anche da una scintilla o da una scarica elettrica, quindi è importante avere personale formato per l’installazione e la manutenzione degli impianti elettrici in luoghi Atex. La sicurezza nei luoghi con pericolo di esplosione è regolata dalle Direttive ATEX, che sono sostanzialmente due: la Direttiva 99/92/CE, recepita con il Decreto Legislativo n. 233 del 12 giugno 2003, che definisce le prescrizioni minime per il miglioramento della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro con presenza di atmosfere potenzialmente esplosive, suddividendo i luoghi di lavoro in zone in funzione della probabilità di presenza di atmosfere esplosive e specificando i criteri di scelta dei prodotti; la Direttiva 2014/34/UE recepita con il Decreto legislativo 19 maggio 2016, n. 85, che si applica, invece, agli apparecchi e sistemi di protezione, ai dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione, ai componenti destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Come si valuta il rischio di esplosione? Per la gestione del pericolo di esplosione, la Direttiva 99/92/CE prescrive un’analisi del rischio volta a permettere di adottare adeguate misure di sicurezza. Nella valutazione del rischio di esplosione deve essere tenuto conto di: – probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; – probabilità della presenza, dell’attivazione e dell’efficacia di fonti di ignizione, comprese le scariche elettrostatiche; – caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processo e loro possibili interazioni; – entità degli effetti prevedibili. Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive. Nelle aree di lavoro in cui sono presenti atmosfere potenzialmente esplosive va obbligatoriamente  esposto un segnale di forma triangolare con la scritta “EX” in lettere di colore nero su fondo giallo e bordo nero. Come si progettano e si realizzano gli impianti elettrici nei luoghi con atmosfere esplosive (ATEX)? Le prescrizioni specifiche per la progettazione, la scelta, l’installazione e la verifica iniziale degli impianti elettrici in luoghi con presenza di atmosfere esplosive sono contenute nella Norma CEI EN 60079-14 “Atmosfere esplosive. Parte 14: Progettazione, scelta e installazione degli impianti elettrici”, (Classificazione CEI: 31-33). Le prescrizioni si applicano nel caso di apparecchiature utilizzate in condizioni atmosferiche standard  per temperatura, pressione e contenuto di ossigeno; diversamente, in caso di condizioni atmosferiche diverse, possono essere necessarie precauzioni addizionali. Secondo quanto indicato nella norma di cui sopra, le misure preventive per ridurre il rischio di esplosione da materiali infiammabili sono basate su tre principi: sostituzione di un materiale infiammabile con uno che sia non infiammabile o meno infiammabile, controllo (evitare o minimizzare le emissioni, controllare le emissioni, prevenire la formazione di un’atmosfera esplosiva, evitare le sorgenti di innesco), mitigazione (ridurre il numero di persone esposte, fornire misure per evitare la propagazione di un’esplosione, fornire mezzi per il rilascio della pressione di esplosione, fornire mezzi per la soppressione della pressione di esplosione, fornire dispositivi di protezione individuale adeguati). Una volta applicati i principi di sostituzione e controllo i luoghi pericolosi rimanenti dovrebbero essere classificati in zone secondo la probabilità di presenza di un’atmosfera esplosiva. Per facilitare la selezione delle apparecchiature elettriche appropriate e per la progettazione di installazioni elettriche adeguate, i luoghi pericolosi sono classificati nelle Zone 0, 1 e 2 per gas e vapori e in Zone 20, 21 e 22 per le polveri. Gli impianti elettrici di questi luoghi devono rispondere alle prescrizioni appropriate per gli impianti elettrici in luoghi non pericolosi ancorché insufficienti per gli impianti in luoghi pericolosi. Per la scelta di apparecchiature elettriche in ambienti ATEX sono necessarie le seguenti informazioni: classificazione dei luoghi pericolosi comprese eventuali prescrizioni per il livello di protezione delle apparecchiature; classificazione dell’apparecchiatura elettrica in relazione al gruppo o sottogruppo del gas, del vapore o della polvere; classe di temperatura o la temperatura d’accensione del gas o del vapore interessato; temperatura minima di accensione della nube di polvere e la temperatura minima di accensione dello strato di polvere; uso previsto dell’apparecchiatura; influenze esterne e la temperatura ambiente. Le prescrizioni generali relativamente alla costruzione, prova e marcatura degli apparecchi elettrici e dei componenti Ex destinati ad essere utilizzati in ambienti con atmosfere esplosive ATEX sono definite dalla Norma CEI EN IEC 60079-0 “Atmosfere esplosive. Parte 0: Apparecchiature – Prescrizioni generali”, (Classificazione CEI: 31-70). Sia il nostro personale coinvolto nella progettazione di impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione, che quello incaricato di effettuare installazione, verifiche, manutenzione di impianti elettrici in luoghi “Ex” è formato e costantemente aggiornato per realizzare impianti elettrici in sicurezza, certificarli e manutenerli puntualmente. Affidarsi ad un’azienda seria con personale preparato è un passaggio necessario per la sicurezza.

L’impianto di messa a terra: a cosa serve? Facciamo un ripasso, ma soprattutto controlliamo di averlo.

Sembra assurdo ma ancora ci sono interi edifici che scoprono di non avere la messa a terra. Recentemente un palazzo di più piani della nostra città, costruito negli anni 70, ha scoperto, facendo lavori di manutenzione, di non avere l’impianto di messa a terra ed è naturalmente dovuto correre urgentemente ai ripari. In questi anni si è parlato molto di manutenzione straordinaria, merito dei vari bonus edilizi, eppure pochi hanno verificato l’impianto elettrico e la messa a terra. Sembrerebbe che l’ultimo dei pensieri sia verificare se l’impianto elettrico è ancora sicuro oppure sia il caso di adeguarlo, certificarlo e ricordare che anche le certificazioni, in particolare quella della messa a terra, scadono e vanno rinnovate. A cosa serve l’impianto di messa a terra? La risposta è semplice: l’impianto di terra è fondamentale per la sicurezza delle persone che possono accidentalmente entrare in contatto con cavi elettrici o manufatti sotto tensione elettrica, che non sono correttamente isolati, e quindi rimanere folgorate. La norma CEI 64-8 prevede che l’impianto di terra sia costituito da dispersori (picchetti), da conduttori di protezione (i cavi giallo-verdi che si trovano nelle prese di corrente) e dal dispositivo più importante di tutti: il differenziale (o salvavita), che interrompe automaticamente l’alimentazione al circuito o al componente elettrico in modo che, in caso di guasto nel circuito o nel componente elettrico, non possa persistere una tensione di contatto presunta superiore alla tensione di contatto di limite convenzionale. Tale interruzione che deve avvenire in un tempo determinato, in seguito al verificarsi di un guasto suscettibile di provocare, attraverso il corpo in contatto con le masse, la circolazione di una corrente pericolosa. L’insieme di questi tre elementi e la loro manutenzione costituiscono la protezione delle persone. Senza di essi un banale guasto può provocare la morte di una persona, che accidentalmente viene a contatto con una parte metallica dell’impianto. Quando nasce l’obbligo di messa a terra? Un po’ di storia. Vista l’importanza della funzione di questo impianto, l’obbligo di “mettere a terra” le parti metalliche esposte al contatto accidentale delle persone, e che soltanto per difetto di isolamento potrebbero trovarsi sotto tensione, si trova già nel Testo definitivo delle Norme per l’esecuzione e l’esercizio degli impianti elettrici adottato nell’anno 1910. Avvicinandoci ai giorni nostri, troviamo la Norma CEI 11-1:1965, che prevede, per la protezione contro i contatti diretti nei sistemi di I categoria, l’obbligo che “le parti in tensione debbano essere sottratte al contatto accidentale delle persone” ad esempio proteggendo dal contatto con le parti nude in tensione mediante schermi metallici messi a terra. Analoga prescrizione si trova anche per i sistemi di II e III categoria. Il Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” introduce un’importante novità normativa perché, all’articolo 271, prescrive che “le parti metalliche degli impianti ad alta tensione, soggette a contatto delle persone e che per difetto di isolamento o per altre cause potrebbero trovarsi sotto tensione, devono essere collegate a terra. Il collegamento a terra deve essere fatto anche per gli impianti a bassa tensione situati in luoghi normalmente bagnati od anche molto umidi”. La legge 1° marzo 1968, n. 186 “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici” introdusse poi l’obbligo di realizzare a regola d’arte gli impianti elettrici, prevedendo che i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici debbano essere realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d’arte. L’obbligo di dotare gli impianti elettrici di impianti di messa a terra e di interruttori differenziali ad alta sensibilità o di altri sistemi di protezione equivalenti è indicato successivamente dall’articolo 7 della Legge 5 marzo 1990, n. 46 “Norme per la sicurezza degli impianti”. Sarà, invece, il Decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447 “Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46, in materia di sicurezza degli impianti” a consentire l’adeguamento degli impianti elettrici già realizzati mediante sezionamento e protezione contro le sovracorrenti, posti all’origine dell’impianto. Obbligo rimarcato dal Decreto 22 gennaio 2008, n. 37 “Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”. Infine, i nuovi impianti elettrici devono essere realizzati a regola d’arte e, quindi, negli impianti utilizzatori di bassa tensione (Sistema TT), si deve eseguire il coordinamento fra i dispositivi di protezione a corrente differenziale e l’impianto di terra, come prescritto dalla Norma CEI 64-8. Tale norma, la cui prima edizione risale al 1984, è stata poi più volte aggiornata nel corso degli anni, sino ad arrivare all’attuale ottava edizione, pubblicata nel 2021.  Essa costituisce oggi la normativa tecnica di riferimento per la realizzazione degli impianti elettrici e di messa a terra. L’importanza della certificazione dell’impianto e della messa a terra e della loro manutenzione. Come ricorda la Norma CEI 64-8, però, non bisogna solo realizzare un impianto a regola d’arte, occorre anche verificarlo durante l’installazione ed al suo completamento prima di essere messo in servizio, allo scopo di assicurarsi che sia stato realizzato in conformità con le prescrizioni normative. Le prove e le misure per verificare l’efficacia della protezione, mediante interruzione automatica dell’alimentazione, sono descritte nella Parte 6 della Norma CEI 64-8. Nei sistemi TT occorre misurare la resistenza RE del dispersore, al quale sono collegate tutte le masse e verificare la caratteristica e l’efficienza del dispositivo differenziale, al fine di rispettare la relazione anzidetta. Al termine delle verifiche, poi, ci ricorda la Norma (articolo 6.4.4), deve essere prodotto un rapporto per la verifica iniziale, compilato e firmato dalla persona che ha eseguito la verifica e consegnato al committente unitamente alla Dichiarazione di Conformità. Concludiamo ricordando che l’impianto di messa a terra è fondamentale per la sicurezza: realizzare correttamente un impianto elettrico non è solo un obbligo di legge, ma è soprattutto una questione di sicurezza delle persone. Da ciò deriva l’importanza di affidarsi

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